Lugano ● Venezia
SITO IN COSTRUZIONE
Nei suoi lavori, Aymone Poletti sviluppa il concetto della fragilità umana attraverso 3 correnti distinte. L’artista, infatti, approfondisce i temi della memoria, del viaggio e del genius loci, attraverso il suo vissuto, delineando così un proprio percorso poetico e personale atto a ridefinire la sensibilità del pubblico stesso su queste tematiche: nascono così opere da vivere e da scrutare con fondamentale raccoglimento intimo per carpirne i diversi livelli di lettura.
SEGNI DI LAGUNA,
palazzo comunale Riva San Vitale
Ci sono dei momenti nella vita che creano un ante un post.
Venezia è lo spartiacque personale e artistico di Aymone Poletti.
Reduce dal successo della mostra veneziana PRECIOUS: Memory\Growth/Life,l’artista fa ritorno nel natio Ticino per proporci una sintesi della sua carriera quasi ventennale e della sua produzione più recente: i monotipi, i lavori con il sale, le incisioni.
PRECIOUS: Memory\Growth/Life
Lo spettatore si muove nello spazio di proporzioni auree di una vecchia bottega appena restaurata.
Le pareti in marmo sono lasciate allo stato originale, mangiate dal sale e si prestano da cornice per le opere di Aymone Poletti, alcune concepite espressamente per l’occasione come site-specific.
Nell’antica cella frigorifera (anch’essa di proporzioni auree) si trova un’opera composta da gusci di uova bolliti per giorni con miscele di sali e di inchiostri. Sono necessari circa 365 gusci e frammenti di uova per creare questo universo ai piedi del pubblico.
Ogni pezzo d’uovo è allo stesso tempo fragile e prezioso, nel suo processo di lavorazione ed è bollito a 4 riprese con sali e inchiostri giapponesi dalla diversa saturazione e consistenza.
Sono necessari 4 giorni per ogni frammento. Dunque si tratta di un lavoro che mette in risalto la bellezza della semplicità dei materiali che diventano preziosi solo grazie al giusto valore che si da al tempo, come ad ogni attimo della propria vita.
Fragile III, 2017, gusci e ceramiche raku bollite e cristallizzate in una miscela ai sali e inchiostro sumi diametro 28 cm
Fotografie bollite con sali e inchiostro giapponese
LA LAVORAZIONE DEI GUSCI
Il lavoro per trasformare queste uova è paziente e delicato, come lo è il costante impegno degli artisti che, nel loro personale lavoro di ricerca, necessitano di tempo di dedizione per la realizzazione dei loro progetti che rappresenta tutto il loro mondo interiore. Ogni pezzo d’uovo è allo stesso tempo fragile e prezioso, nel suo processo di lavorazione ed e bollito a 4 riprese con sali e inchiostri giapponesi dalla diversa saturazione e consistenza. Sono necessari 4 giorni per ogni frammento. Dunque si tratta di un lavoro che mette in risalto la bellezza della semplicità dei materiali che diventano preziosi solo grazie al giusto valore che si da al tempo, come ad ogni attimo della propria vita. Dove l’esperienza del vissuto, presente nella nostra memoria diventa il nostro personale ed esclusivo mondo extra-geografico, fatto di personali mappe mentali, emozioni, ricordi e sensazioni. stato degli strumenti dopo la bollitura delle uova.
IL PERCHÈ DELLA SCELTA DEI GUSCI D’UOVO CRISTALLIZZATI AL SALE
La forma circolare ci riporta agli orifici dell’origine, o se si vuole, all’uovo cosmico di certe mitologie: simboli della fragilità umana e dunque testimonianze di una condizione insita nel venire al mondo. Contrassegni dell’umano in un sistema rappresentativo che di primo acchito sembrerebbe metterlo tra parentesi, ma che in realtà lo ingloba e lo valorizza rendendolo parte del tutto.
Perché il macrocosmo di cui noi facciamo parte è costituito esattamente come il microcosmo, e la scienza moderna ci conferma quello che già il filosofo Origene di Alessandria (185-254 D.C) diceva:
«tu sappi di essere un mondo in piccolo, e che in te ci sono il sole, la luna e le stelle».
CRISTALLIZZARE: RENDERE PREZIOSE LE NOSTRE FRAGILITÀ
“I più recenti lavori di Poletti paiono fermare il tempo, fissare la memoria. Le sue opere divengono come uno specchio istantaneo della memoria. Siano esse paesaggi che, nelle mani dell’artista, si trasformano in una sindone silenziosa di un territorio mentale, o siano esse fotografie, sovente ritratti d’epoca, che attraverso alchemiche elaborazioni (processi di bollitura e cristallizzazione con sali e inchiostri giapponesi) vengono intaccate da cristalline incrostazioni, come licheni lentamente cresciuti su una superficie rocciosa. Sotto questa spinta creativa, l’atto della memoria in Aymone Poletti trascende la registrazione di un dato imposto alla coscienza dalla realtà esteriore. Questi lavori ci consegnano un’immobile e raffinata traccia di ciò che è stato: un invito a scoprire un’impronta del tempo di qualcosa che non è più, se non dentro di noi e nella nostra capacità di reinventarlo.” Arch. Rolando Zuccolo
From my Balcony I, 2016, 10,5 x 8,5 cm
polaroid originale, sali, inchiostro giapponese Collezione privata, Lugano
Una delle più recenti espressioni artistiche di Poletti, riguarda l’intervento su fotografie, che attraverso processi particolari di bollitura e cristallizza- zione con sali e inchiostri giapponesi, vengono intaccate da incrostazioni cristalline, quasi fossero licheni lentamente cresciuti su una superficie rocciosa.
Attraverso queste notevoli trasformazioni, Aymone Poletti reinventa un piccolo, intimo luogo iconografi- co, soprattutto un luogo della memoria, intaccandolo di elementi altri, inediti, diversi.
Grazie alla particolare tecnica usata, le opere – in prevalenza delle serie di fotografie originali d’epoca (fine ‘800 o anni ‘30) oppure immagini attuali sviluppate ancora con pellicole Polaroid – vengono bollite e lavorate da sali, acidi e inchiostri giapponesi durante alcuni giorni. L’immagine appare così modificata, deformata dal calore e dalla corrosione e si riflette nel significato della fragilità umana. Il ricordo che rappresenta ne appare come fossilizzato, eroso dai sali, confuso, cristallizzato e mutato a placche. Sono immagini e testimonianze di volti, figure, paesaggi, cose passate che vengono come aggredite da escrescenze minerali in una combinazione del tutto inedita, nella quale l’organico ed il vegetale si uniscono all’inorganico. E la vasta malinconia di persone che non ci sono più si sposa con la deflagrazione di diamanti eterni, senza ricordi e senza tempo.
Il tutto diventa una metafora sulla nostra condizione e sul tempo che scorre: le fotografie sono, infatti, il simbolo per eccellenza della memoria, perché “bloccano un attimo”, fermando il tempo. Tramite questo procedimento esclusivo, l’artista effettua una distorsione meccanica alla memoria: i ricordi scompaiono e si mutano a causa del dissolversi fisico dell’immagine sulla stampa originale
German Lady, (fotografia di fine 1800), 2016 10,5 x 6,5 cm ,
fotografia originale di fine ‘800, sale, inchiostri giapponesi Collezione privata, Lugano
RICERCA SUL CONCETTO TAU/BETA-AMILODIE
Il significato del progetto “Memoria (tau / beta-amiloide) parte da una ricerca profonda sul tema della memoria. Memoria intesa come elemento fondamentale dell’identità di ciascun individuo.
“C’è differenza tra l’aver dimenticato e non ricordare” Alessandro Morandotti
serie Tau Beta-Amiloide, Bambini a Lucerna (1957), 2015, 7 x 9,5 cm Fotografia originale, sali e inchiostri giapponesi collezione comunale di Chiasso, max museo – spazio Officina
LA CIANOTIPIA: IL SUONO E IL LINGUAGGIO DELLA LUCE
La storia della cianotipia ha il suo fascino che si lega e correla, attraverso un sottile fil rouge, agli altri la- vori di Poletti.
Parte da molto lontano: gli esperimenti dell’astronomo J. Herschel sui sali d’argento, condotti nel 1840 in relazione allo spettro luminoso, portarono a prendere in considerazione altri sali metallici e, fra questi, quelli del ferro.
In una sua relazione del 1842, intitolata Sull’azione dei raggi luminosi dello spettro solare sui colori vegetali e su alcuni nuovi processi fotografici, lo studioso descrisse per la prima volta il procedimento fotografico che utilizzava suddetti sali, secondo cui un’immagine assumeva una colorazione blu intenso, che sarebbe diventato segno distintivo per queste realizzazioni.
La cianotipia è, dunque, un metodo di stampa foto- grafica a contatto che sfrutta la reazione di alcuni elementi chimici alla luce solare per fissare un’immagine su carta.
Contraddistinguendosi dal tipico colore Blu di Prussia, caratteristica propria dell’ossidazione dei sali ferrici per mezzo del ferrocianuro di potassio, va quasi ad apportare un “segno d’acqua” inesistente, atto a controbilanciare la potenza della forza di impressione del sole; il sole che attraverso il fuoco della luce diventa dunque la fonte protagonista di questo procedimento di “stampa”.
L’interessante in questo tipo di “impronta” consiste nel fatto che è possibile anche “registrare” il movimento di oggetti o gesti passanti velocemente sopra la carta impressionata.
Aymone Poletti ha recentemente sviluppato una serie di cianotipie di oggetti in movimento e vibranti sul tema musicale “solari” di Ryuichi Sakamoto (dall’album async).
In questo caso viene “registrato” il movimento delle oscillazioni di oggetti su carta corrispondenti ad ogni brano. Ed è dunque lo spettro musicale a creare l’immagine.
Ritornano perciò prorompenti, anche in questo caso, i temi del sale, della memoria, del ricordo e del tempo.
serie Solari,
cianotipie su carta di oggetti in movimento sul tema “solari” di Ryuichi Sakamoto (dall’album async)
dimensioni variabili, 2015
LA MONOTIPIA
Nel corso degli anni Aymone Poletti ha affidato una parte importante del suo racconto artistico al mono- tipo. Si tratta di un procedimento che, pur restando nei confini di stampa, ha la caratteristica peculiare di sfruttare la matrice calcografica non per una mol- tiplicazione dell’immagine, ma bensì per ottenere im- pressioni originali ed uniche.
In questo caso il segno pittorico viene apposto in modo speculare, mediato da una lastra che appoggia il colore sul foglio con una pressione calibrata: si tratta quindi di un’operazione di sottrazione rispetto a quella che prevede un segno apposto direttamente sulla carta.
Paesaggio montano (ieri era ancora estate … )
Monotipo, 2014, 9 x 13 cm collezione privata, Lugano
In questo caso il segno pittorico viene apposto in modo speculare, mediato da una lastra che appoggia il colore sul foglio con una pressione calibrata: si tratta quindi di un’operazione di sottrazione rispetto a quella che prevede un segno apposto direttamente sulla carta.
Tuttavia, il monotipo è una tecnica nella quale, il principio essenziale della creatività – ovvero quello della casualità – resta sempre presente. Non solo nella fase di costruzione dell’immagine, ma anche oltre quel momento di iniziale composizione, dove tutto può modificarsi con un semplice soffio di vento.
Ogni lavoro possiede una propria narrazione specifica. Quelle di Aymone Poletti sono impressioni intime, accenni che stemperano sia il disegno, sia la struttura razionale dell’immagine e la materia, per farci immergere in luoghi in cui vagare e piacevolmente perderci.
Questa tecnica resta, dunque, un’eccellenza dell’intervento creativo: un travaglio coraggioso, e talora periglioso, al quale l’artista si affida per le sue visioni paesaggistiche (anche in questo caso sovente con riferimenti a testi letterari e poetici), nelle quali individuiamo con nettezza ed evidenza, le sagome di crinali montani, delle colline, del sole, della luna, all’interno di trame, reticoli e di atmosfere diluite e simboliche.
La scogliera,
Monotipo, 2013, 21 x 18 cm collezione privata,
Lugano
“(…) Quanto alle reti e ai tramagli presenti, essi vanno interpretati come operatori dal significato multiplo. Sfanno lì a proteggere le figure, a renderne meno netti e realistici i contorni, a distanziarle virtualmente su una scena onirica, e servono in particolare a suggerire campiture e a garantire collegamenti fra i microinsiemi.
Ma non dimentichiamo che queste refi coinvolgono soprattutto il nostro guardare.
Non è forse su una piccola refe chiamata rètina che prendono vita le immagini℃ Aymone ci invita a entrare nella sua refe, vale a dire nel suo sguardo. E allora lasciamoci catturare, … ne saremo ben ripagati.”
Gilberto Isella
Un mondo lontano,
Monotipo e tecnica mista su carta, 2013, 15 x 15 cm collezione privata, Aranno